a cura di Serena Aronica
Permettetemi di esordire con una citazione che credo ben si adatti allo spirito di Alda Teodorani:
Non c’è nessun cancello, nessun lucchetto, nessun catenaccio che potete mettere alla libertà della mia mente.
(Virginia Wolf)
Alda Teodorani, proprio come la sua prosa, non può essere rinchiusa in una definizione. Il suo essere una scrittrice pionieristica e dalla penna cruda, talvolta selvaggia e scomoda, ma anche profondamente umana l’ha resa una delle voci del panorama letterario femminile tra le più profonde e autentiche.
Per me è un grande piacere poter accogliere non solo una grande scrittrice, ma anche un’amica preziosa nonché mentore, nel salotto nero di Coven Riunito.
Alda, intanto grazie per la tua disponibilità e per essere qui con noi oggi.
S: Oggi, secondo te, un’antologia spietata e rivoluzionaria come Gioventù Cannibale potrebbe essere pubblicata? E se sì, con quale impatto sui lettori?
A: Che possa essere pubblicata non ho dubbi, con quale impatto non saprei. L’impatto penso dipenda solo in minima parte dai contenuti, bensì dalla distribuzione-distinzione. Ormai le librerie sia fisiche che online offrono di tutto, è un tremendo calderone.
S: Sesso e orrore. Credi che oggi se ne possa scrivere apertamente e con cruda onestà oppure è una tematica giudicata controversa dalla sempre più stringente e ipocrita censura moderna?
A: Scrivere sicuramente, ma qui non è nemmeno più una questione di censura, magari fosse così. Credo che la censura abbia fatto la fortuna di molti. Penso per esempio a Altri libertini dei Pier Vittorio Tondelli.
Oggi c’è un buonismo imperante, una correttezza finta con una definizione dei ruoli molto stretta: maschio maschio con la barba di una settimana, femmina femmina coi capelli lunghi ma non lunghissimi e le forme accentuate, lesbica lesbica coi capelli corti e rossi, sembra tutto un gioco di ruolo e non cambierà in meglio se ci sono autrici che, come mi è successo, vengono da me a lamentarsi che in un mio racconto la protagonista è una vittima, senza capire che si tratta di una provocazione, un grimaldello.
Se vuoi essere in qualche modo visibile e accettatə devi fare i conti con tutto questo, altrimenti puoi scrivere quel che vuoi, nessuno te lo vieta, ma resti nel tuo piccolo orticello, lì poi non dai fastidio a nessuno.
S: Come scrittrice non ti sei mai fossilizzata su un unico genere letterario, ma hai cercato nuovi linguaggi per raccontare le tue storie. Senti comunque di avere un genere che ti appartiene più degli altri?
A: Sicuramente l’horror non soprannaturale, o se preferisci l’orrorifico è il mio cardine. Ho fatto altro, è vero, ma vi torno in ogni lavoro, con il linguaggio o la crudezza delle situazioni.
Ma il genere non deve essere una gabbia, bensì devi sfuttarlo perché ti apra alcune porte, dalla consapevolezza personale alla visibillità – poiché emergi dal piattume dominante.
S: Cosa significa per te scrivere?
A: Per me scrivere è un viaggio che mi aiuta a vivere in un mondo diverso, in un mondo sommerso, dove non ho da fare i conti con gli affanni della vita di tutti i giorni. Dopo molte esperienze e legami resta la cosa più importante che ho, mi mette in contatto con la mia purezza interiore, quella che non cede ai compromessi. E ancora, ho sempre l’idea che il tempo a disposizione è poco, che ho ancora qualcosa da dire, qualcosa che non è più il caso di lasciare addormentato. È quasi un risveglio, per me e per ciò che racconto. Per questo non ho mai permesso a nessuno di intralciarmi, di impedirmelo.
S: Ti chiedono di affidare a una capsula del tempo uno dei tuoi lavori. Quale sceglieresti?
A: Per ora, il lavoro che amo di più è Belve, tuttavia penso sempre che forse Organi avrebbe più possibilità di essere amato e capito pure se venisse letto tra molti anni.
S: Come editor, insegnante, traduttrice ed editrice per il tuo marchio CatBooks Publishing hai la possibilità di tastare il polso della narrativa odierna di genere. Come trovi la situazione attuale? Ci sono secondo te voci interessanti?
A: Ce ne sono molte, penso a Serena Aronica, Cristina Canovi, Federica Filzi, Giulia Massetto, Emma Misitano, Chiara Moscoloni, le voci delle donne sono secondo me meno superficiali, e queste autrici che ho conosciuto e delle quali ho amato il lavoro, inserendole nelle antologie CatBooks – nello specifico, nella collana Danze Macabre diretta da Cristina Canovi – hanno una tenacia e una forza necessarie nel tipo di editoria attuale. Conosco e stimo autori affermati più classici come Borroni, Di Orazio, Gazzarrini, Lombardi o Musolino, altri emergenti o esordienti dalla forza dirompente che spaccano i canoni, assai interessanti, penso a Tiziano Dell’Erba o Erman Petrescu. Ma so di non rendere giustizia a tutti e mi scuso in anticipo con chi non ho citato.
S: Come madrina del progetto antologico di Coven Riunito, al cui interno è presente anche un tuo racconto, cosa ti auguri per il futuro della narrativa horror al femminile?
A: Senza avere visto prima questa domanda, vale quanto ho scritto sopra: mi auguro che ci sia la tenacia di proseguire su questa strada irta di ostacoli perché nonostante si voglia sostenere il contrario, a parte la disastrosa situazione editoriale, si leggono e si ammirano e si vendono soprattutto autori (lasciamo perdere le pruderie di chi acquista quelle che definisco prostituzione della scrittura), basta guardare i programmi ufficiali delle scuole per rendersene conto.
Grazie a Alda Teodorani per averci regalato questa intervista/chiacchierata e grazie soprattutto per avere appoggiato il nostro progetto antologico interamente al femminile e averlo reso ancora più speciale con la sua presenza e il suo supporto. Ovviamente il nostro invito a tutte/i voi è di riempire gli scaffali delle vostre librerie con le opere di Alda Teodorani, la vera e unica Regina Nera dell’Horror Italiano.
In Foto Alda Teodorani